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Psicoterapia Ivrea

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Lo Psicoterapeuta Cognitivo: cosa vuol dire
 
La Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale è attualmente considerata a livello internazionale uno dei più affidabili ed efficaci modelli per la comprensione ed il trattamento dei disturbi psicopatologici.

Tale approccio postula come i problemi emotivi siano in gran parte il prodotto di credenze disfunzionali che si mantengono nel tempo, a dispetto della sofferenza che il paziente sperimenta e delle possibilità ed opportunità di cambiarle, a causa dei meccanismi di mantenimento.

La teoria di fondo sottolinea l’importanza delle distorsioni cognitive e della rappresentazione soggettiva della realtà nell’origine e nel mantenimento dei disturbi emotivi e comportamentali.

Ciò implica che, non sarebbero tanto o solo gli eventi a creare i problemi psicologici, ma piuttosto il come interpreta il soggetto (si rappresenta) tali eventi.

Psicoterapeuta Ivrea: cosa fa

Lo psicoterapeuta cognitivo-comportamentale si propone, di conseguenza, di aiutare i pazienti ad individuare gli schemi disfunzionali di ragionamento e d’interpretazione della realtà, al fine di sostituirli con convinzioni più funzionali.

Il terapeuta cognitivo-comportamentale lavora insieme al paziente per stabilire gli obiettivi della terapia, formulando una diagnosi e concordando con il paziente stesso un piano di trattamento che si adatti alle sue esigenze, durante i primissimi incontri. 

Paziente e psicoterapeuta lavorano insieme per capire e sviluppare strategie che possano indirizzare il soggetto alla risoluzione dei propri problemi.

Entrambi sono attivamente coinvolti nell’identificazione e nella messa in discussione delle specifiche modalità di pensiero che possono essere causa dei problemi emotivi e comportamentali che attanagliano il paziente.

Tale terapia è di solito a breve termine, ogniqualvolta sia possibile. La durata della terapia varia di solito dai quattro ai dodici mesi, a seconda del caso, con cadenza il più delle volte settimanale.

Problemi psicologici più gravi, che richiedano un periodo di cura più prolungato, traggono comunque vantaggio dall’uso integrato della terapia cognitiva, degli psicofarmaci e di altre forme di trattamento.

Ma come fa o meglio qual è l’elemento che “cura” all’interno di tale terapia?
Senza dubbio la relazione che si viene ad instaurare tra medico e paziente.
Come potrebbe Il terapeuta mostrare la disfunzionalità degli schemi di pensiero del paziente all’interno di una relazione di non fiducia?

Il principio attivo della cura

Ognuno di noi all’interno delle varie relazioni della sua vita tende a ripetere copioni di pensiero e comportamento.
Alcuni di questi come si è detto non sono funzionali al benessere della persona.

Come può il terapeuta “convincere” il paziente che tali schemi andrebbero modificati?

REAGENDO IN MODO DIFFERENTE (da come di solito reagiscono le persone che fanno parte della vita del paziente) AGLI SCHEMI  (copioni) CHE IL PAZIENTE METTE IN ATTO IN TERAPIA ED IN PARTICOLARE NEI CONFRONTI DEL TERAPEUTA.

Un paziente abituato ad esempio a chiedere aiuto in modo aggressivo (a partire da una rappresentazione di sé come di persona non amabile) di solito, nella vita quotidiana, riceve risposte altrettanto aggressive, che non fanno altro che confermare la suddetta rappresentazione di sé come di persona non degna d’amore.

Il compito dello Psicoterapeuta Ivrea

Sarà compito in questo caso del terapeuta, non reagendo, indagare col paziente cosa stia cercando di ottenere con tale aggressività, cercando poi assieme modalità più funzionali per raggiungere i propri scopi.

Il paziente, inoltre TESTA continuamente il terapeuta per verificarne l’affetto nei propri confronti.

Le reazioni amorevoli e non giudicanti del terapeuta fungono da vera e propria ESPERIENZA CORRETTIVA, ovvero il paziente sperimenta risposte differenti da quelle che di solito riceve nel suo quotidiano.

Tutto ciò porta senza dubbio ad affermare che il principio attivo della cura sia proprio la RELAZIONE TERAPEUTICA, e nello specifico le emozioni positive che il terapeuta nutre verso il paziente.

Solo all’interno di una relazione dove il paziente si sente realmente amato è possibile poi discutere circa i vari e possibili cambiamenti di pensiero e/o comportamento.

La relazione terapeuta-paziente dovrebbe avere la stessa intensità di una relazione d’amore.

Ed è per questo motivo, dato che l’affetto e l’amore autentici non possono essere simulati che solo se il terapeuta ama realmente il proprio paziente può “lavorare” con esso.

Per varie questioni, per ogni psicoterapeuta esistono pazienti che non riesce ad amare. Non sono pazienti non curabili o per forza gravi bensì pazienti che non possono essere trattati da quello specifico terapeuta.
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Sarà cura del terapeuta inviare il paziente ad altri colleghi.
L’amore non può essere simulato!





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​Dott.
 
Giulio Borla
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