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Studio dello psicologo Giulio Borla, nella città di Ivrea
- Counselling psicologico individuale, di coppia, familiare
- Terapia individuale e di coppia ad indirizzo cognitivo-comportamentale
- Terapia sessuologica
- Terapia dell'adolescenza
Via Internet per Problemi di Orario, Lontananza, Covid...
Il Counselling, fornito nello studio di Ivrea, non è altro che una Psicoterapia breve e focale. Laddove il focale indica che nel contratto terapeutico ci si accordi sull’obiettivo di lavorare esclusivamente su di un tema di vita specifico del paziente, accordandosi su di un numero limitato e definito di sedute.
La distinzione tra una Psicoterapia ad ampio raggio di tipo esplorativo ed il counselling è tuttavia sfumata, in quanto è pratica comune che il paziente:
- ravvisi via via l’esigenza di approfondire tematiche collegate e/o in modo più approfondito
- scopra che il problema che lamenta rappresenta un meccanismo di difesa atto a coprire un disagio più profondo, spesso in tutt’altra area. (la nostra mente potrebbe difenderci ad esempio dal prendere atto di un problema all’interno della nostra relazione di coppia focalizzando l’attenzione su di un problema lavorativo).
Sarà cura della coppia psicologo-Paziente decidere e condividere come procedere, ricordando che se lo psicologo è l’esperto della tecnica, il Paziente è e sarà sempre il maggior esperto di se stesso!
La psicoterapia ad indirizzo cognitivo-comportamentale risulta attualmente, agli studi scientifici comparativi riguardanti l’efficacia dei vari interventi, posizionarsi al livello più alto, con particolare indicazione per:
Disturbo d'ansia generalizzata, d’attacco di Panico, fobia sociale...
Disturbi alimentari (obesità, anoressia e bulimia)
Disturbo ossessivo-compulsivo
Depressione
Disturbo bipolare
Disturbi di personalità (borderline, narcisistico, paranoide, dipendente, evitante, ossessivo, istrionico)
Disturbi sessuali (impotenza psicogena, eiaculazione precoce e ritardata, anorgasmia, calo del desiderio...)
Il dott. Borla di Ivrea, esperto in ambito cognitivo comportale,
Utilizza tecniche che fanno riferimento ad un modello teorico che postula una complessa relazione tra emozioni, pensieri e comportamenti, sottolineando come molti dei nostri problemi siano influenzati da ciò che facciamo e pensiamo nel presente, il “qui ed ora”.
Quella attuata nello studio di Ivrea è, un confronto basato sulla "collaborazione attiva" tra psicologo e paziente, entrambi sono impegnati con le proprie competenze nel superamento del problema.
Lo psicologo mira a far ottenere cambiamenti positivi, suggerendo valide strategie per poter "attivare" tutte le risorse che il paziente stesso possiede per poter affrontare e superare le proprie difficoltà.
Tra i compiti dello psicologo, quello di aiutare il soggetto ad individuare "pensieri ricorrenti", "schemi" rigidi di ragionamento e di interpretazione della realtà, che anticipano e rinforzano persistenti emozioni negative; a correggerli, arricchirli, rendendo più complesso il "sistema mente", ad integrarli con altri pensieri più funzionali al benessere del paziente.
In questo senso la terapia cognitivo-comportamentale prevede un ruolo attivo anche per il paziente.
Tra una seduta e l’altra, lo psicologo può concordare ''compiti a casa'' attravero i quali il paziente mette in atto le abilità e le tecniche apprese in seduta, per poterle testare, allenare e verificare nella realtà quotidiana, al fine di modificare le convinzioni e i comportamenti disfunzionali.
A differenza di orientamenti di matrice psicoanalitica definibili metaforicamente come terapie “archeologiche”, cioè tese al necessario ritrovamento nel lontano passato determinanti psichiche inconsce, la terapia cognitiva è possibile definirla di tipo “ascensionale”.
La metafora è quella di uno psicologo in veste di guida alpina e di un paziente desideroso di trovare e percorrere il suo “sentiero”. Lo psicologo-guida aiuterà via via il paziente a far propri quegli strumenti utili per orientarsi lungo il cammino, ma sarà sempre quest’ultimo a decidere dove andare. Come ogni buona guida, lo psicologo, a seconda della difficoltà dei vari passaggi potrà star davanti ad indicare la via, accanto o dietro, fiducioso che il paziente ormai possieda nel suo zaino tutto ciò che gli occorre, ma al contempo pronto ad intervenire se questi dovesse “inciampare”.
Nel campo della psicologia orientamenti di matrice psicoanalitica spesso insistono per una totale libertà d'esplorazione del mondo psichico del paziente, che talvolta si traduce in ulteriore "confusione mentale" ed in un inevitabile allungamento, virtualmente infinito, della durata di una terapia; il cognitivismo, fondandosi sulle recenti ricerche delle neuroscienze, dell'antropologia umana e dell'etologia, tende per definizione ad un intervento più direttivo e selettivo, con inserti di tipo psico-pedagogico.
"Personalmente ritengo, che in questo tempo storico-sociale di relativismo etico ed antropologico, che si traduce sempre più in tipi di disagio psicologico caratterizzati da malessere vago e diffuso, e da alti e crescenti livelli di confusione psichica, sia necessaria una cornice di riferimento che rimandi ad un'idea il più possibile chiara e circoscritta di uomo "in salute".
In altri termini: nel rispetto assoluto degli infiniti modi di "stare al mondo", così come esiste il Bene ed il Male, non relativizzabili sino a scomparire nel disordine, esistono vie ed esperienze che con più probabilità conducono al Bene-essere ed altre al Mal-essere"
Lo psicologo non si distingue dal paziente, tanto per il suo livello di salute e/o felicità, quanto per un maggior grado di lungimiranza (saper vedere oltre) che gli deriva dall'esperienza delle sofferenze patite e superate, nella consapevolezza che altre l'attenderanno perchè la Vita è rischio, sfida, scommessa; ed è impensabile non cadere mai ("essere umano" dal latino humilis, fragile, debole, terreno, imperfetto...), ma è possibile raggiungere la consapevolezza che se lo si vuole ci si può rialzare.
Non si tratta dell' "indottrinamento" proposto dalle varie pratiche "new age" (operatori olistici, sciamanici...), le quali tendono indistitamente a trasformare i pazienti in allievi/adepti; si tratta di chiarire che per sua natura (struttura e funzionalità cerebrale) l'Uomo è un "attributore di senso"; ovvero può aspirare alla sua quota di serenità solo attribuendo un senso alle varie esperienze, soprattutto di dolore, intercorse, e da ultimo un senso alla Vita stessa.
La lungimiranza è la stessa che dovrebbe possedere un genitore nel definire un percorso educativo chiaro per i propri figli, affinchè non debbano scalare una "parete di vetro"!
Il senso ed i significati che individualmente attribuiamo alle nostre esperienze rappresentano gli appigli che in parete l'alpinista utilizza per raggiungere la vetta.
"Avverto l’esigenza di spendere due parole a proposito del dilagante proliferare "operatori olistici, sciamamici, counselor..." e di tutto ciò che non è in alcun modo profondamente radicato nelle teorie scientifiche della psicoterapia ortodossa ed ufficiale. Pensavo che nella peggiore delle ipotesi le tecniche da questi utilizzate potessero non sortire alcun effetto, essere neutre, "acqua fresca". Purtroppo da qualche anno mi sono ritrovato a curare persone che da questi interventi ne hanno ottenuto un effetto iatrogeno, ovvero antiterapeutico; persone pervenutemi in stato di totale scompenso psichico con corredo di sintomi di una certà gravità. Da ciò non posso che dedurne aspetti di pericolosità relativi a queste pratiche. Ricordo che il primo e più importante principio di deontologia professionale è "primum non nocere".
Il punto, per essere più chiari, non è mettere in discussione quanto possa essere affascinante quella o quell’altra filosofia, tecnica o esercizio, bensì chiarire che chi opera in questi ambiti non possiede alcun strumento professionale per discriminare a chi, a quale "struttura di personalità", può essere utile "cosa" ed a chi la stessa pratica può essere non solo inefficace ma assolutamente pericolosa e dannosa. In altre parole, la "politica" è quella del vendere in modo indiscriminato i "prodotti" della propria "azienda".
Con ciò voglio rassicurare che sono a vostra totale disposizione nel fornirvi tutti i chiarimenti, le informazioni richieste, nonché ad aiutarvi a sciogliere ogni vostro dubbio, anche nel caso questo si dovesse tradurre nel concordare che non sia io la soluzione al vostro problema. In tal caso, sarà mia cura aiutarvi a trovare altre vie e soluzioni percorribili e più congeniali".
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Metafora terapeutica: un breve racconto
Ancora pochi minuti di auto e una manciata di chilometri mi separavano dal cantiere navale, dal mio sogno, o meglio da quello che ritenevo essere il meritato premio dopo un inverno passato sui libri, per conseguire l'agognata patente nautica.
Pochi chilometri e qualche firma. Certo, di soldi ne avevo spesi molti, ma avevo uno scafo stupendo, vele di ultima generazione... e poi come splendeva al sole di quel mattino di primavera... ma soprattutto era mia, la mia barca a vela!
Sbrigate le ultime pratiche, finalmente il mare!
Ero forse un po' troppo "pieno di me", e quel completo da "damerino del mare", forse un po' eccessivo, mi avrebbe reso ridicolo... ma no... io meritavo tutto questo... e poi la paura, quella della prima volta, bisognava pur celarla... cosa avrebbero potuto pensare gli altri?
"Dunque posso andare", dissi al "Capo". Non era una domanda né un'affermazione... o forse sì, era proprio una domanda, almeno dentro di me... ma perché avrei dovuto chiedergli il permesso? I soldi li aveva presi, cosa voleva ancora? In ogni caso, lui non rispose; si limitò a guardarmi, e continuò a farlo, mentre io, con la mia nuova barca, sbattevo contro quella vicina, mentre tentavo di uscire dal porto, mentre provavo ad issare le vele e mentre... chiedevo aiuto. Sì, aiuto!
Ero spaventato, arrabbiato, e mi vergognavo a morte. Forse, davvero tra la teoria e la pratica c'è di mezzo il mare, pensai.
Per fortuna, lui aveva smesso di guardare, stava venendo a prendermi per portarmi in salvo, al sicuro.
Avrei voluto camuffare il mio imbarazzo, reclamando contro il tipo di porto, le condizioni del tempo, la barca... ma come potevo... la barca era l'ultimo modello, il più costoso, e poi sì, a quel punto sì che sarei stato davvero eccessivo!
Mi limitai a stare zitto. Forse avrei dovuto ringraziarlo, sì avrei dovuto, ma ero troppo impegnato a nascondere il mio batticuore, e le gambe, che mi tremavano ancora.
Che disfatta, che vergogna e che rabbia. Pensavo e camminavo lungo la banchina del porto; ma a pensarci bene forse non stavo neppure pensando... stavo provando qualcosa che mi turbava... di certo camminavo!
Arrivai alla fine, all'ultimo posto barca, sarei dovuto tornare indietro... dovuto o voluto? Mah... per fortuna la mia attenzione fu rapita da qualcosa di alquanto curioso. Perché l'ultima barca era proprio curiosa; non era slanciata come la mia, non splendeva al sole come la mia, anzi non splendeva affatto perché la vernice era opaca... dove c'era vernice... perché le vele erano sbiadite e vistosamente rattoppate... perché l'uomo che uscì dalla stiva... beh, non era vestito come me, ma poi... io ero vestito nel modo adatto?
A quel punto poco importava, pensai... e pensai anche che sarebbe stato molto meglio che lui non avesse visto le mie "performance", meglio nessun altro testimone.
Purtroppo, quello strano personaggio aveva visto tutto, glielo lessi negli occhi, poiché di fatto lui non accennò a nulla e si limito a dire: "Ho preparato del thè, ne vuole una tazza?", ed io: "La ringrazio ma è tardi, e devo tornare al lavoro"; ovviamente non era vero, avevo preso tre giorni di ferie per godermi il mio "sogno".
Lui continuò a guardarmi, in un modo "strano", ma non nel senso di spiacevole... mi guardava come se davvero volesse solo offrirmi del thè.
Forse non aveva visto la mia "impresa", o forse sì, ma non gli importava, pensai... e alla fine pensai anche che ero stanco di pensare: avevo sete ed accettai.
Non ricordo di cosa parlammo, forse non parlammo affatto, ma il thè di certo l'avevo bevuto, ed era proprio quello di cui avevo bisogno in quel momento, perché mi sentii da subito meglio.
Ora era veramente tardi e decisi di andare... e lui lì, con il medesimo sguardo "strano", in quanto a me insolito, ma ora riuscivo a definirlo meglio: era come se per la prima volta non dovessi giustificarmi per quello che decidevo o facevo, era come se a lui andasse bene comunque e di certo andava bene anche a me.
Mi sentivo sollevato, meno arrabbiato... meno in colpa, non so per quale motivo, ma sentivo che poteva bastarmi... stavo meglio... e forse feci bene a non chiedermi il perché.
Fu lui a parlare, per invitarmi ad uscire in mare con lui il giorno seguente.
Il giorno dopo... una meravigliosa giornata di sole ed io ero smanioso e curioso come non mai; la mia debacle del giorno prima non l'avevo dimenticata, tanto che diedi per scontato che saremmo usciti con la sua barca, il che non mi rassicurava totalmente, ma era il ricordo di quel thè, anche se può sembrar "stupido" che mi rassicurava.
Ero così eccitato, tanto da non accorgermi che quella mattina non c'era un filo di vento; "accidenti", dissi tra me e me, "non me ne va mai bene una, una giornata sprecata!".
L'uomo, al contrario, non pareva turbato, ed io non sapevo nuovamente cosa dire... ma per fortuna il thè era nel tegame... mi stava aspettando! Bevemmo entrambi. Era ovvio che senza vento non si poteva uscire, ed era altrettanto ovvio quanto fosse inutile la mia impazienza, la mia stizza... glielo lessi negli occhi, forse me lo fece notare, poco importa... di fatto lo sapevo da sempre che ero un impaziente... per fortuna bere assieme mi fece lo stesso effetto del giorno precedente... mi fece bene, così decisi di tornare anche il giorno dopo, senza pormi troppe domande.
L'indomani mi svegliai di nuovo smanioso ed eccitato, ma bastò aprire la finestra della camera per piombare in uno stato di pesante rabbia e frustrazione... pioveva!
Avevo, però, un appuntamento. Avevo preso un impegno con colui che mi sentivo di definire "il mio nuovo amico", così andai ugualmente al porto.
Lui era lì, ad aspettarmi; col thè appena fatto e con la stessa serenità del giorno prima. "Oggi piove", mi disse, e questo era ovvio anche a me, ma meno ovvio fu lo stupore che lessi nei suoi occhi, rispetto al mio stato d'animo. Evidentemente si vedeva che ero arrabbiato ed altrettanto evidentemente si capiva che né io né lui avremmo potuto cambiare il tempo!
Non mi aspettavo un nuovo invito per il giorno seguente e forse nemmeno lo volevo... ero scoraggiato, ma lui, ancora, "Ci vediamo domani?".
Gli dissi di sì, forse solo per non deluderlo o forse perché qualcosa dentro di me era cambiata... la rabbia ad esempio... non era la stessa di prima; la pioggia contro cui tanto avevo imprecato non era poi così sgradevole.
Mi venne in mente, che in passato, qualcuno mi disse che ero un po' presuntuoso... che avesse qualche ragion
Come potevo pretendere di controllare anche il tempo? Già, cercavo di controllare tutto nella mia vita, ma questo era davvero troppo, mi dissi.
Così l'indomani tornai, anche se c'era un forte vento, anche se ero certo che in mare anche oggi non si sarebbe potuti uscire... pensai anche che avrei stupito il mio nuovo amico presentandomi ugualmente; ma fu lui a stupire me, quando mi chiese se volevo salire sulla sua barca, poiché c'era un vento ideale. Ideale?, pensai tra me e me... ma forse era paura la mia, e lui era rassicurante, così decisi di salire a bordo.
Ora so perché lo feci... allora decisi solo di affidarmi... pensai anche qualcosa di assurdo del tipo: quell'uomo ha poteri magici o forse è il thè.
Ora tutto ciò mi fa sorridere, ma allora non c'era veramente niente da ridere... anche se mi fidavo di lui, avevo ugualmente paura.
Mi chiese dove volessi andare ed io gli indicai uno scoglio in mezzo al mare; per lui andava bene; ero un po' frastornato, e quando vidi che la barca non seguiva una linea retta verso il nostro obiettivo, e che lui la conduceva zigzagando mi rimontò una certa stizza... feci per dirgli qualcosa...lui mi sorrise... in quel momento realizzai che avevamo il vento contro e non vi era altro modo di procedere... così non dissi nulla, ma ricambiai il sorriso.
I tre giorni di ferie si trasformarono in tre mesi... passai con lui l'estate... uscimmo per mare parecchie volte. Talvolta con la sua barca, talvolta con la mia, talvolta fu lui a condurre, talvolta io... di certo fu un'esperienza davvero molto interessante!
Pochi chilometri e qualche firma. Certo, di soldi ne avevo spesi molti, ma avevo uno scafo stupendo, vele di ultima generazione... e poi come splendeva al sole di quel mattino di primavera... ma soprattutto era mia, la mia barca a vela!
Sbrigate le ultime pratiche, finalmente il mare!
Ero forse un po' troppo "pieno di me", e quel completo da "damerino del mare", forse un po' eccessivo, mi avrebbe reso ridicolo... ma no... io meritavo tutto questo... e poi la paura, quella della prima volta, bisognava pur celarla... cosa avrebbero potuto pensare gli altri?
"Dunque posso andare", dissi al "Capo". Non era una domanda né un'affermazione... o forse sì, era proprio una domanda, almeno dentro di me... ma perché avrei dovuto chiedergli il permesso? I soldi li aveva presi, cosa voleva ancora? In ogni caso, lui non rispose; si limitò a guardarmi, e continuò a farlo, mentre io, con la mia nuova barca, sbattevo contro quella vicina, mentre tentavo di uscire dal porto, mentre provavo ad issare le vele e mentre... chiedevo aiuto. Sì, aiuto!
Ero spaventato, arrabbiato, e mi vergognavo a morte. Forse, davvero tra la teoria e la pratica c'è di mezzo il mare, pensai.
Per fortuna, lui aveva smesso di guardare, stava venendo a prendermi per portarmi in salvo, al sicuro.
Avrei voluto camuffare il mio imbarazzo, reclamando contro il tipo di porto, le condizioni del tempo, la barca... ma come potevo... la barca era l'ultimo modello, il più costoso, e poi sì, a quel punto sì che sarei stato davvero eccessivo!
Mi limitai a stare zitto. Forse avrei dovuto ringraziarlo, sì avrei dovuto, ma ero troppo impegnato a nascondere il mio batticuore, e le gambe, che mi tremavano ancora.
Che disfatta, che vergogna e che rabbia. Pensavo e camminavo lungo la banchina del porto; ma a pensarci bene forse non stavo neppure pensando... stavo provando qualcosa che mi turbava... di certo camminavo!
Arrivai alla fine, all'ultimo posto barca, sarei dovuto tornare indietro... dovuto o voluto? Mah... per fortuna la mia attenzione fu rapita da qualcosa di alquanto curioso. Perché l'ultima barca era proprio curiosa; non era slanciata come la mia, non splendeva al sole come la mia, anzi non splendeva affatto perché la vernice era opaca... dove c'era vernice... perché le vele erano sbiadite e vistosamente rattoppate... perché l'uomo che uscì dalla stiva... beh, non era vestito come me, ma poi... io ero vestito nel modo adatto?
A quel punto poco importava, pensai... e pensai anche che sarebbe stato molto meglio che lui non avesse visto le mie "performance", meglio nessun altro testimone.
Purtroppo, quello strano personaggio aveva visto tutto, glielo lessi negli occhi, poiché di fatto lui non accennò a nulla e si limito a dire: "Ho preparato del thè, ne vuole una tazza?", ed io: "La ringrazio ma è tardi, e devo tornare al lavoro"; ovviamente non era vero, avevo preso tre giorni di ferie per godermi il mio "sogno".
Lui continuò a guardarmi, in un modo "strano", ma non nel senso di spiacevole... mi guardava come se davvero volesse solo offrirmi del thè.
Forse non aveva visto la mia "impresa", o forse sì, ma non gli importava, pensai... e alla fine pensai anche che ero stanco di pensare: avevo sete ed accettai.
Non ricordo di cosa parlammo, forse non parlammo affatto, ma il thè di certo l'avevo bevuto, ed era proprio quello di cui avevo bisogno in quel momento, perché mi sentii da subito meglio.
Ora era veramente tardi e decisi di andare... e lui lì, con il medesimo sguardo "strano", in quanto a me insolito, ma ora riuscivo a definirlo meglio: era come se per la prima volta non dovessi giustificarmi per quello che decidevo o facevo, era come se a lui andasse bene comunque e di certo andava bene anche a me.
Mi sentivo sollevato, meno arrabbiato... meno in colpa, non so per quale motivo, ma sentivo che poteva bastarmi... stavo meglio... e forse feci bene a non chiedermi il perché.
Fu lui a parlare, per invitarmi ad uscire in mare con lui il giorno seguente.
Il giorno dopo... una meravigliosa giornata di sole ed io ero smanioso e curioso come non mai; la mia debacle del giorno prima non l'avevo dimenticata, tanto che diedi per scontato che saremmo usciti con la sua barca, il che non mi rassicurava totalmente, ma era il ricordo di quel thè, anche se può sembrar "stupido" che mi rassicurava.
Ero così eccitato, tanto da non accorgermi che quella mattina non c'era un filo di vento; "accidenti", dissi tra me e me, "non me ne va mai bene una, una giornata sprecata!".
L'uomo, al contrario, non pareva turbato, ed io non sapevo nuovamente cosa dire... ma per fortuna il thè era nel tegame... mi stava aspettando! Bevemmo entrambi. Era ovvio che senza vento non si poteva uscire, ed era altrettanto ovvio quanto fosse inutile la mia impazienza, la mia stizza... glielo lessi negli occhi, forse me lo fece notare, poco importa... di fatto lo sapevo da sempre che ero un impaziente... per fortuna bere assieme mi fece lo stesso effetto del giorno precedente... mi fece bene, così decisi di tornare anche il giorno dopo, senza pormi troppe domande.
L'indomani mi svegliai di nuovo smanioso ed eccitato, ma bastò aprire la finestra della camera per piombare in uno stato di pesante rabbia e frustrazione... pioveva!
Avevo, però, un appuntamento. Avevo preso un impegno con colui che mi sentivo di definire "il mio nuovo amico", così andai ugualmente al porto.
Lui era lì, ad aspettarmi; col thè appena fatto e con la stessa serenità del giorno prima. "Oggi piove", mi disse, e questo era ovvio anche a me, ma meno ovvio fu lo stupore che lessi nei suoi occhi, rispetto al mio stato d'animo. Evidentemente si vedeva che ero arrabbiato ed altrettanto evidentemente si capiva che né io né lui avremmo potuto cambiare il tempo!
Non mi aspettavo un nuovo invito per il giorno seguente e forse nemmeno lo volevo... ero scoraggiato, ma lui, ancora, "Ci vediamo domani?".
Gli dissi di sì, forse solo per non deluderlo o forse perché qualcosa dentro di me era cambiata... la rabbia ad esempio... non era la stessa di prima; la pioggia contro cui tanto avevo imprecato non era poi così sgradevole.
Mi venne in mente, che in passato, qualcuno mi disse che ero un po' presuntuoso... che avesse qualche ragion
Come potevo pretendere di controllare anche il tempo? Già, cercavo di controllare tutto nella mia vita, ma questo era davvero troppo, mi dissi.
Così l'indomani tornai, anche se c'era un forte vento, anche se ero certo che in mare anche oggi non si sarebbe potuti uscire... pensai anche che avrei stupito il mio nuovo amico presentandomi ugualmente; ma fu lui a stupire me, quando mi chiese se volevo salire sulla sua barca, poiché c'era un vento ideale. Ideale?, pensai tra me e me... ma forse era paura la mia, e lui era rassicurante, così decisi di salire a bordo.
Ora so perché lo feci... allora decisi solo di affidarmi... pensai anche qualcosa di assurdo del tipo: quell'uomo ha poteri magici o forse è il thè.
Ora tutto ciò mi fa sorridere, ma allora non c'era veramente niente da ridere... anche se mi fidavo di lui, avevo ugualmente paura.
Mi chiese dove volessi andare ed io gli indicai uno scoglio in mezzo al mare; per lui andava bene; ero un po' frastornato, e quando vidi che la barca non seguiva una linea retta verso il nostro obiettivo, e che lui la conduceva zigzagando mi rimontò una certa stizza... feci per dirgli qualcosa...lui mi sorrise... in quel momento realizzai che avevamo il vento contro e non vi era altro modo di procedere... così non dissi nulla, ma ricambiai il sorriso.
I tre giorni di ferie si trasformarono in tre mesi... passai con lui l'estate... uscimmo per mare parecchie volte. Talvolta con la sua barca, talvolta con la mia, talvolta fu lui a condurre, talvolta io... di certo fu un'esperienza davvero molto interessante!