Il tormentone: "ognuno ha i suoi problemi".
Razionalizzazione finalizzata al far tacere quel residuo (per i più fortunati) di coscienza..."umana", che con ancora un filo di voce sussurra lo stridere, col concetto stesso di "umanità", del comune e sempre più frequente voltar le spalle all'Altro.
Dunque si sopravvive: cercando di massimizzare il piacere e fuggendo ogni sorta di sofferenza; atteggiamento disfunzionale, in quanto rende sempre più probabile la tanto temuta esperienza del soffrire. E non per sfortuna, destino o caso...ma perché la Vita è anche sofferenza.
In psichiatria si parlerebbe di deliro (convinzione irragionevole), come quel tale che assunse come scopo supremo della sua esistenza di trovare un esemplare di asino volante. Come finisce la storia?
Solo l'"Umano" vive davvero.
E non casualmente la parola richiama l'etimo latino "humilis" ed "humus", essere fragile, imperfetto, maledettamente terreno.
Ricorda anche la parola Umiltà, virtù che si ottiene attraverso la sopportazione delle inevitabili umiliazioni (riduzione ad "Humilis"), alle quali, in qualità di autentici esseri Umani non è possibile sottrarsi (da un banale raffreddore che ci impedisce di...a vere e proprie tragedie).
Umiliazioni non fini a se stesse, bensì unico percorso, unico tramite per l'acquisizione di qualità umane.
A patto però, che la conseguente sofferenza non conduca esclusivamente ad una reiterata lamentazione su come sia ingiusta la vita ("che ingiustizia che non esistano gli asini che volano...ne ero proprio convinto").
Di umiliazione in umiliazione cresce il peso dell'"Umano" di contro al mero "essere vivente".
Aumenta la consapevolezza di quanto relativamente piccolo sia il nostro volere di fronte alle nostre fragilità, che incontrando le bufere della vita, ci fanno cadere a terra.
Si ridimensiona, o almeno dovrebbe, l'idea di un'assoluta libertà di determinarsi.
Si dovrebbe constatare che il "volere è potere" ha parecchie eccezioni.
Dunque: un essere vivente che attraverso l'"esercizio delle umiliazioni" (sofferenza) si fa Umano.
E in qualità di Umano riconosce immediatamente l'altro come suo simile, come suo "fratello" nel cammino della Vita.
Sono i frutti della sofferenza: la consapevolezza più piena che "sotto la pelle" siamo tutti uguali.
A questo punto, quella flebile voce diviene "tormento della coscienza"; più faticoso dormir sonni sereni sapendo di essersi voltati dall'altra parte!
Razionalizzazione finalizzata al far tacere quel residuo (per i più fortunati) di coscienza..."umana", che con ancora un filo di voce sussurra lo stridere, col concetto stesso di "umanità", del comune e sempre più frequente voltar le spalle all'Altro.
Dunque si sopravvive: cercando di massimizzare il piacere e fuggendo ogni sorta di sofferenza; atteggiamento disfunzionale, in quanto rende sempre più probabile la tanto temuta esperienza del soffrire. E non per sfortuna, destino o caso...ma perché la Vita è anche sofferenza.
In psichiatria si parlerebbe di deliro (convinzione irragionevole), come quel tale che assunse come scopo supremo della sua esistenza di trovare un esemplare di asino volante. Come finisce la storia?
Solo l'"Umano" vive davvero.
E non casualmente la parola richiama l'etimo latino "humilis" ed "humus", essere fragile, imperfetto, maledettamente terreno.
Ricorda anche la parola Umiltà, virtù che si ottiene attraverso la sopportazione delle inevitabili umiliazioni (riduzione ad "Humilis"), alle quali, in qualità di autentici esseri Umani non è possibile sottrarsi (da un banale raffreddore che ci impedisce di...a vere e proprie tragedie).
Umiliazioni non fini a se stesse, bensì unico percorso, unico tramite per l'acquisizione di qualità umane.
A patto però, che la conseguente sofferenza non conduca esclusivamente ad una reiterata lamentazione su come sia ingiusta la vita ("che ingiustizia che non esistano gli asini che volano...ne ero proprio convinto").
Di umiliazione in umiliazione cresce il peso dell'"Umano" di contro al mero "essere vivente".
Aumenta la consapevolezza di quanto relativamente piccolo sia il nostro volere di fronte alle nostre fragilità, che incontrando le bufere della vita, ci fanno cadere a terra.
Si ridimensiona, o almeno dovrebbe, l'idea di un'assoluta libertà di determinarsi.
Si dovrebbe constatare che il "volere è potere" ha parecchie eccezioni.
Dunque: un essere vivente che attraverso l'"esercizio delle umiliazioni" (sofferenza) si fa Umano.
E in qualità di Umano riconosce immediatamente l'altro come suo simile, come suo "fratello" nel cammino della Vita.
Sono i frutti della sofferenza: la consapevolezza più piena che "sotto la pelle" siamo tutti uguali.
A questo punto, quella flebile voce diviene "tormento della coscienza"; più faticoso dormir sonni sereni sapendo di essersi voltati dall'altra parte!