Dove non c'é sofferenza non c'é né comprensione né amore.
"Dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fiori", F. de André.
Ma amare significa portare gioia all'altro.
E la gioia deriva dalla comprensione della sofferenza, che va accolta, come volersi teneramente abbracciare per arrecarci sollievo.
Il punto di partenza é l' Amore per se stessi (che non va confuso con la gratificazione di sé).
Se non so amare me stesso non posso amare un altro.
Se non so perdonare me stesso non posso perdonare un altro.
Se non so accogliere le mie fragilitá, imperfezioni e limiti con gentilezza non posso accettare senza giudizio l'altro.
La compassione per l'altro nasce dalla compassione per me stesso.
Ma per praticare la compassione verso di me abbisogno del coraggio di accogliermi nei miei sbagli, colpe ed errori con indulgenza.
Il coraggio é relativo al fatto di ammetterli a se stesso senza paura di soffrirne.
Il soffrirne é funzionale al rimediare, ma se persiste significa che ho un' immagine idealizzata (dunque impossibile) di me che diverge da quella reale.
Di fatto, chiunque abbia fatto "grandi cose" é dimostrato abbia sbagliato e commesso errori molto piú degli altri.
É caduto, ha imparato qualcosa in piú su di sé ed il proprio obiettivo, e si é rialzato.
Il "successo" arriva dai fallimenti.
Viceversa, esiste chi non ci prova nemmeno o si arrende alla prima difficoltá.
Il fallimento va messo in conto e corrisponde ad un'azione non efficace al raggiungimento dell'obiettivo, ma non é una qualitá dell'individuo.
Dire: "Sono un fallito", corrisponde a pronunciare una frase profondente non corretta!
"Dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fiori", F. de André.
Ma amare significa portare gioia all'altro.
E la gioia deriva dalla comprensione della sofferenza, che va accolta, come volersi teneramente abbracciare per arrecarci sollievo.
Il punto di partenza é l' Amore per se stessi (che non va confuso con la gratificazione di sé).
Se non so amare me stesso non posso amare un altro.
Se non so perdonare me stesso non posso perdonare un altro.
Se non so accogliere le mie fragilitá, imperfezioni e limiti con gentilezza non posso accettare senza giudizio l'altro.
La compassione per l'altro nasce dalla compassione per me stesso.
Ma per praticare la compassione verso di me abbisogno del coraggio di accogliermi nei miei sbagli, colpe ed errori con indulgenza.
Il coraggio é relativo al fatto di ammetterli a se stesso senza paura di soffrirne.
Il soffrirne é funzionale al rimediare, ma se persiste significa che ho un' immagine idealizzata (dunque impossibile) di me che diverge da quella reale.
Di fatto, chiunque abbia fatto "grandi cose" é dimostrato abbia sbagliato e commesso errori molto piú degli altri.
É caduto, ha imparato qualcosa in piú su di sé ed il proprio obiettivo, e si é rialzato.
Il "successo" arriva dai fallimenti.
Viceversa, esiste chi non ci prova nemmeno o si arrende alla prima difficoltá.
Il fallimento va messo in conto e corrisponde ad un'azione non efficace al raggiungimento dell'obiettivo, ma non é una qualitá dell'individuo.
Dire: "Sono un fallito", corrisponde a pronunciare una frase profondente non corretta!