È noto che tra i due sentimenti esistono differenze sostanziali ma che ognuno di noi li interpreta con modalità soggettive.
Dunque, se per innamorarsi occorre uscire "fuori di testa", per amare occorre uscire fuori da sé.
Quando ci cadono le bende dagli occhi e siamo in grado di vedere i limiti dell'altro, siamo davanti al momento cruciale:
o perdiamo l'interesse o passiamo all'apprezzamento reale.
Nell'innamoramento non vediamo i limiti, è tutto "bello"; nell'amore ci accorgiamo che c'è anche il "brutto" e lo accettiamo (con amore).
Si dice che l'amore sia cieco, ma in effetti si dovrebbe dire che l'innamoramento è cieco: ci si innamora delle qualità, presunte tali in base ai propri bisogni, non della persona per quello che è veramente.
Ci si innamora dell'immagine, non della realtà.
L'amore non può essere cieco e deve assolutamente avere gli occhi (della critica e dell'accettazione).
Se siamo innamorati proviamo la gioia di esserlo per noi stessi.
Se amiamo, siamo felici per l'altro.
L'essenza dell'innamoramento è in un accadimento che non modifica, l'essenza dell'amore è nella costruzione e nella trasformazione.
Se siamo innamorati, siamo disposti alle più estenuanti fatiche pur di "conquistare" l'attenzione dell'altro e farla restare desta per noi.
Se amiamo, siamo disposti alle più estenuanti fatiche per far felice la persona amata, senza niente in cambio, mettendoci tutto il sacrificio di cui siamo capaci.
Se siamo innamorati, siamo impegnati nel "piacere" dell'altro, con spensieratezza e irrazionalità.
Se amiamo siamo impegnati dal "bene" dell'altro, con critica e giudizio.
Se siamo innamorati, siamo spinti dalla superficialità della spontaneità.
Se amiamo siamo governati dalla profondità della ponderatezza.
Se siamo innamorati utilizziamo la nostra capacità egoistica di prendere ciò che desideriamo che l'altro ci dia.
Se abbiamo un amore utilizziamo la nostra capacità altruistica nel desiderare di donare ciò che, magari faticosamente, riteniamo di poter donare.
Essere innamorati è facile; avere un amore è difficile.
Nella fine di un innamoramento c'è frustrazione.
Nella fine di un amore c'è la sofferenza per la crudeltà della realtà.
La fine di un innamoramento può renderci pronti per uno nuovo (a volte anche motivo della fine), mentre l'inizio di un nuovo amore deve passare attraverso la depressione della perdita precedente.
Si può essere innamorati in qualunque momento di chiunque soddisfi i nostri bisogni, mentre non si può amare a lungo chi non ci corrisponde.
Per essere innamorati, non occorre la rinuncia a se stessi, anzi; per amare, sì.
Nell' innamoramento vige l'idealizzazione irrazionale, forzata e ossessiva dell'altro; per cui ci si innamora sempre di persone sbagliate, non in grado né di soddisfare alcuna richiesta, né tanto meno di corrispondere e ricambiare.
Uno stato che decisamente provoca senso di inutilità e può portare ad una situazione di insoddisfazione verso il vero amore e a continue fughe verso l'infedeltà.
Chi ne soffre, ama l'amore di per sé, come cosa astratta, e non è in grado di collocarlo in una persona in particolare, per cui deve correre continuamente da un amore fittizio ad un altro altrettanto fittizio.
Dunque, se per innamorarsi occorre uscire "fuori di testa", per amare occorre uscire fuori da sé.
Quando ci cadono le bende dagli occhi e siamo in grado di vedere i limiti dell'altro, siamo davanti al momento cruciale:
o perdiamo l'interesse o passiamo all'apprezzamento reale.
Nell'innamoramento non vediamo i limiti, è tutto "bello"; nell'amore ci accorgiamo che c'è anche il "brutto" e lo accettiamo (con amore).
Si dice che l'amore sia cieco, ma in effetti si dovrebbe dire che l'innamoramento è cieco: ci si innamora delle qualità, presunte tali in base ai propri bisogni, non della persona per quello che è veramente.
Ci si innamora dell'immagine, non della realtà.
L'amore non può essere cieco e deve assolutamente avere gli occhi (della critica e dell'accettazione).
Se siamo innamorati proviamo la gioia di esserlo per noi stessi.
Se amiamo, siamo felici per l'altro.
L'essenza dell'innamoramento è in un accadimento che non modifica, l'essenza dell'amore è nella costruzione e nella trasformazione.
Se siamo innamorati, siamo disposti alle più estenuanti fatiche pur di "conquistare" l'attenzione dell'altro e farla restare desta per noi.
Se amiamo, siamo disposti alle più estenuanti fatiche per far felice la persona amata, senza niente in cambio, mettendoci tutto il sacrificio di cui siamo capaci.
Se siamo innamorati, siamo impegnati nel "piacere" dell'altro, con spensieratezza e irrazionalità.
Se amiamo siamo impegnati dal "bene" dell'altro, con critica e giudizio.
Se siamo innamorati, siamo spinti dalla superficialità della spontaneità.
Se amiamo siamo governati dalla profondità della ponderatezza.
Se siamo innamorati utilizziamo la nostra capacità egoistica di prendere ciò che desideriamo che l'altro ci dia.
Se abbiamo un amore utilizziamo la nostra capacità altruistica nel desiderare di donare ciò che, magari faticosamente, riteniamo di poter donare.
Essere innamorati è facile; avere un amore è difficile.
Nella fine di un innamoramento c'è frustrazione.
Nella fine di un amore c'è la sofferenza per la crudeltà della realtà.
La fine di un innamoramento può renderci pronti per uno nuovo (a volte anche motivo della fine), mentre l'inizio di un nuovo amore deve passare attraverso la depressione della perdita precedente.
Si può essere innamorati in qualunque momento di chiunque soddisfi i nostri bisogni, mentre non si può amare a lungo chi non ci corrisponde.
Per essere innamorati, non occorre la rinuncia a se stessi, anzi; per amare, sì.
Nell' innamoramento vige l'idealizzazione irrazionale, forzata e ossessiva dell'altro; per cui ci si innamora sempre di persone sbagliate, non in grado né di soddisfare alcuna richiesta, né tanto meno di corrispondere e ricambiare.
Uno stato che decisamente provoca senso di inutilità e può portare ad una situazione di insoddisfazione verso il vero amore e a continue fughe verso l'infedeltà.
Chi ne soffre, ama l'amore di per sé, come cosa astratta, e non è in grado di collocarlo in una persona in particolare, per cui deve correre continuamente da un amore fittizio ad un altro altrettanto fittizio.