Se la vita é vissuta come un fine in se stesso la
morte é una tragedia.
Con la morte perdo tutto.
Viceversa se la Vita é un mezzo per divenire "umani" attraverso l'amore, non teorizzato, ma vissuto giorno dopo giorno nelle sue infinite forme, la morte non fa piú cosi paura, a prescindere dal fatto che ci sia qualcosa dopo la morte o meno.
La morte é l'unica certezza e di solito ci si
prepara per affrontare ció che é sicuro accadrà.
Quando arriverá non é dato saperlo, quindi dovremmo essere pronti "ora", non domani!
Dovremmo aver paura di vivere "male", nel senso di sprecare un'opportunitá unica lasciandosi vivere, non sapendo, al di lá dell'alternanza tra "obblighi" e piaceri, per cosa si vuole spendere le proprie energie, che persone si vorrebbe diventare.
A morire, in fondo ci son riusciti tutti!
A vivere pienamente pochi.
Pochi possono dire di esser arrivati alla fine del proprio "viaggio" davvero in pace con ció che hanno fatto o meno, con quello che é stato di beneficio per gli altri e con gli sbagli, le inevitabili cadute, il dolore arrecato...
Quanti anni si vive e come si muore é totalmente non significativo.
Se la Vita fosse intrisa solo di piacere vorremmo vivere il piú possibile, ma il dolore, prima o poi non risparmia nessuno.
Si osservano vite che sembrano piú facili, meno faticose, dove la sofferenza sembrerebbe assente.
Ma é l'inganno del veder solo la superficie ed il momento presente
Si puó anche essere inconsapevoli di soffrire, tanto si é presi da altro.
E poi, lo scopo é essere felici o non soffrire mai?
Meno sensibile sei meno soffri (ovvio, in in mondo tanto bello quanto spietato), ma anche meno felicitá ti é riservata.
Felicitá che andrebbe meglio tradotta con il termine gioia, che richiama l'idea di uno stato di fondo, a volte coperto da coltri di polvere al punto da non farsi sentire, ma sempre presente, piuttosto che di un picco di "esultanza" momentaneo.
Ci sono coppie invidiate che improvvisamente si separano, letteralmente da un giorno all'altro.
Erano assorbite dal costruire casa, dai figli... al punto da essere riusciti a negare la vera natura del loro senza fondamenta, per anni.
Ma sembrerebbe che alla fine i nodi vengano sempre al pettine.
Non ci si puó ingannare all'infinito.
Anche i cosiddetti "matti" riconoscono chi vuole loro bene e chi no.
Lo riconosce perfettamente anche un cane od un gatto e qualunque altro essere vivente, a suo modo.
Come si puó pensare che un essere umano non ne sia capace?
Tutti veniamo "fermati", costretti a rallentare prima o poi.
Altro che "giudizio universale". A quel punto tutto ció che hai ignorato si presenta, chiedendoti il conto, e di solito con gli interessi.
Non é un elogio della sofferenza, anzi.
La sofferenza evitabile non dovrebbe esserci.
É pieno di sofferenza evitabile se fossimo giusto un "filo" meno centrati solo su di noi stessi.
La solitudine, la povertá, la perdita della dignitá per un lavoro che non c'é piú, la crudeltá dell'aver di fronte in continuazione modelli di uomo e donna "artificiali", fasulli, inesistenti in quanto tali, l'arrivare a preferire la compagnia dei nostri animali domestici, che privi per loro natura di "malizia" danno senza nuocere...
Se solo ciascuno si dicesse chiaramente che non é abbastanza quello che sta facendo per gli altri, e di conseguenza per se stesso.
Un mondo perfetto é impensabile, e nessuna "grande" mente pensante, a partire dalle conoscenze della sua specifica disciplina e a suo modo, parla di questi tempi come di tempi dove sia possibile realizzare l'"umano".
Non si tratta di un piccolo "manipolo" di pessimisti cronici e depressi, anzi; sono le voci di chi é maggiormente in "prima linea".
Eppure, chiunque che per lavoro o altre condizioni, si trova a relazionarsi con singole persone, per quanto ciascuna diversa dall'altra, in una rapporto ragionevolmente profondo, conviene nel vederne la Bellezza.
C'é qualcosa che non quadra!
Forse che nella routine quotidiana si viva nella paura dell'altro, pronti ad aggredire per difendersi, diffidenti, chiusi a riccio...
Si tratta delle stesse persone, dunque é un circolo vizioso, esattamente come il meccanismo che crea gli ingorghi stradali: nel pensare che l'altro mi voglia "sottomettere", ognuno, in modo spesso illecito, cerca di difendersi, di "contrattaccare".
Il risultato é che alla fine siamo tutti bloccati ed il traffico non scorre, ma naturalmente é sempre colpa dell'altro.
"Alla lotta dunque, con leggerezza e gioia", Alexandre Jollien, "Il
morte é una tragedia.
Con la morte perdo tutto.
Viceversa se la Vita é un mezzo per divenire "umani" attraverso l'amore, non teorizzato, ma vissuto giorno dopo giorno nelle sue infinite forme, la morte non fa piú cosi paura, a prescindere dal fatto che ci sia qualcosa dopo la morte o meno.
La morte é l'unica certezza e di solito ci si
prepara per affrontare ció che é sicuro accadrà.
Quando arriverá non é dato saperlo, quindi dovremmo essere pronti "ora", non domani!
Dovremmo aver paura di vivere "male", nel senso di sprecare un'opportunitá unica lasciandosi vivere, non sapendo, al di lá dell'alternanza tra "obblighi" e piaceri, per cosa si vuole spendere le proprie energie, che persone si vorrebbe diventare.
A morire, in fondo ci son riusciti tutti!
A vivere pienamente pochi.
Pochi possono dire di esser arrivati alla fine del proprio "viaggio" davvero in pace con ció che hanno fatto o meno, con quello che é stato di beneficio per gli altri e con gli sbagli, le inevitabili cadute, il dolore arrecato...
Quanti anni si vive e come si muore é totalmente non significativo.
Se la Vita fosse intrisa solo di piacere vorremmo vivere il piú possibile, ma il dolore, prima o poi non risparmia nessuno.
Si osservano vite che sembrano piú facili, meno faticose, dove la sofferenza sembrerebbe assente.
Ma é l'inganno del veder solo la superficie ed il momento presente
Si puó anche essere inconsapevoli di soffrire, tanto si é presi da altro.
E poi, lo scopo é essere felici o non soffrire mai?
Meno sensibile sei meno soffri (ovvio, in in mondo tanto bello quanto spietato), ma anche meno felicitá ti é riservata.
Felicitá che andrebbe meglio tradotta con il termine gioia, che richiama l'idea di uno stato di fondo, a volte coperto da coltri di polvere al punto da non farsi sentire, ma sempre presente, piuttosto che di un picco di "esultanza" momentaneo.
Ci sono coppie invidiate che improvvisamente si separano, letteralmente da un giorno all'altro.
Erano assorbite dal costruire casa, dai figli... al punto da essere riusciti a negare la vera natura del loro senza fondamenta, per anni.
Ma sembrerebbe che alla fine i nodi vengano sempre al pettine.
Non ci si puó ingannare all'infinito.
Anche i cosiddetti "matti" riconoscono chi vuole loro bene e chi no.
Lo riconosce perfettamente anche un cane od un gatto e qualunque altro essere vivente, a suo modo.
Come si puó pensare che un essere umano non ne sia capace?
Tutti veniamo "fermati", costretti a rallentare prima o poi.
Altro che "giudizio universale". A quel punto tutto ció che hai ignorato si presenta, chiedendoti il conto, e di solito con gli interessi.
Non é un elogio della sofferenza, anzi.
La sofferenza evitabile non dovrebbe esserci.
É pieno di sofferenza evitabile se fossimo giusto un "filo" meno centrati solo su di noi stessi.
La solitudine, la povertá, la perdita della dignitá per un lavoro che non c'é piú, la crudeltá dell'aver di fronte in continuazione modelli di uomo e donna "artificiali", fasulli, inesistenti in quanto tali, l'arrivare a preferire la compagnia dei nostri animali domestici, che privi per loro natura di "malizia" danno senza nuocere...
Se solo ciascuno si dicesse chiaramente che non é abbastanza quello che sta facendo per gli altri, e di conseguenza per se stesso.
Un mondo perfetto é impensabile, e nessuna "grande" mente pensante, a partire dalle conoscenze della sua specifica disciplina e a suo modo, parla di questi tempi come di tempi dove sia possibile realizzare l'"umano".
Non si tratta di un piccolo "manipolo" di pessimisti cronici e depressi, anzi; sono le voci di chi é maggiormente in "prima linea".
Eppure, chiunque che per lavoro o altre condizioni, si trova a relazionarsi con singole persone, per quanto ciascuna diversa dall'altra, in una rapporto ragionevolmente profondo, conviene nel vederne la Bellezza.
C'é qualcosa che non quadra!
Forse che nella routine quotidiana si viva nella paura dell'altro, pronti ad aggredire per difendersi, diffidenti, chiusi a riccio...
Si tratta delle stesse persone, dunque é un circolo vizioso, esattamente come il meccanismo che crea gli ingorghi stradali: nel pensare che l'altro mi voglia "sottomettere", ognuno, in modo spesso illecito, cerca di difendersi, di "contrattaccare".
Il risultato é che alla fine siamo tutti bloccati ed il traffico non scorre, ma naturalmente é sempre colpa dell'altro.
"Alla lotta dunque, con leggerezza e gioia", Alexandre Jollien, "Il